RICORRENZA DELL'IPOTESI DELLA CONNIVENZA NON PUNIBILE.

IL GIUDICE MONOCRATICO DR. PIETRO ERREDE PRESSO IL TRIBUNALE DI BARI II SEZIONE PENALE
Con la presenza del P.M. Dr.ssa. M. BARBARA Con l'assistenza della Sig.ra A. Peluso
Ha pronunciato, mediante lettura del solo dispositivo, la seguente
SENTENZA
Nella causa penale di primo grado svoltasi con rito abbreviato
Contro
F. R……… presente difesa di fiducia dall'avv. Mauro Todisco - presente
IMPUTATA
Conclusioni delle parti : il PM chiede la condanna ad anni otto di reclusione ed € 30.000 di multa; la difesa chiede l'assoluzione dell'imputata ed in subordine, concessione delle attenuanti generiche, minimo della pena e benefici di legge.
IMPUTATA
a) per il delitto p. e p. dall'art. 110 c.p./art. 73 commi 1 e 1 bis DPR 309/90 perché, in concorso con G. G. M., marito convivente, nei cui confronti si procede separatamente, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 deteneva illegalmente, ai fini di spaccio, all'interno della propria abitazione nonché nei due locali ubicati al piano interrato dell'immobile, costituenti pertinenza dell'abitazione e ad uso esclusivo al suddetto nucleo familiare, n. 83 dosi di sostanza stupefacente di tipo "cocaina", del peso lordo di gr. 55, confezionata con cellophane e nastro adesivo, oltre a n. 6 dosi di sostanza stupefacente di tipo hashish, del peso lordo di gr.66, custodita in bustine in plastica di colore verde chiuse ermeticamente, nonché n.7 dosi di sostanza stupefacente di tipo marijuana, del peso lordo di gr. 23, custodite in altrettante bustine di plastica di colore verde con chiusura ermetica, oltre a gr. 2 di sostanza stupefacente di tipo "marijuana" riposta in un barattolo in vetro, oltre a vario materiale utilizzato per il peso, tra cui un bilancino elettronico di precisione di marca "Tangent", nonché per il taglio ed il confezionamento delio stupefacente, materiale tutto custodito all'interno dei due ripostigli sopra citati; Con recidiva semplice specifica In S. di B. il 07.11.2014. MOTIVAZIONE In data 07.11.2014 F. R. veniva tratta in arresto (unitamente a G.G.M. per il quale si è proceduto separatamente) perché colta nella flagranza del reato di cui all'art. 73 co. 1 e co. Ibis DPR 309/90 e presentata innanzi al Tribunale di Bari, in composizione monocratica, per la convalida ed il giudizio direttissimo. All'odierna udienza, il Giudice procedeva alla convalida dell'arresto ed applicava alla prevenuta la misura degli arresti domiciliari. Indi, disponeva procedersi col rito direttissimo; il PM contestava all'imputata il reato di cui al decreto di presentazione e l'imputata, assistita dal difensore, preliminarmente chiedeva procedersi con le forme del giudizio abbreviato. Ammessa l'imputata al rito abbreviato ed acquisito il fascicolo del PM, il Giudice dichiarava aperta la discussione e le parti rassegnavano le rispettive conclusioni, riportate in separato verbale e che devono intendersi qui interamente trascritte. Il Giudice decideva come da infrascritto dispositivo. Ritiene il Giudice che dagli atti processuali non emerga con evidenza la prova della responsabilità dell'imputata in ordine al reato ascrittole. Dall'incarto del PM, utilizzabile nel giudizio abbreviato ai fini della decisione, ed in particolare dal verbale di arresto del 7.11.2014, è emerso che in mattinata militari dei CC di Acquaviva delle Fonti eseguivano una perquisizione ex art. 41 TULPS presso l'abitazione del Giovinazzo e della Fiore, avendo appreso che lì il G. potesse detenere armi, munizioni e materiale esplodente, a seguito della quale, a parte qualche residuo di sostanza di tipo hashish all'interno del water e di tipo marijuana all'interno del bidet e vario disordine negli ambienti, non rinvenivano alcunché. A fronte della manifestata preoccupazione della coppia, i militari estendevano la perquisizione al piano interrato condominiale, dove il G. mostrava loro due ripostigli pertinenti alla sua abitazione che provvedeva ad aprire con chiavi in suo possesso, in uno dei quali i militi rinvenivano animali esotici custoditi in apposite teche, mentre nell'altro diversi suppellettili. In seguito i militari accertavano se altre chiavi in possesso del G. aprivano altri stanzini e verificavano che lo stesso deteneva due chiavi che aprivano lo stanzino n. 7 e quello n. 13. In tale frangente l'uomo dichiarandosi estraneo a tali locali si dava alla fuga, spintonando anche l'app. N. G., per poi presentarsi spontaneamente con il suo legale presso i CC di S. di B. alle successive ore 14,00 e da questi preso in consegna. Intanto i militari eseguivano la perquisizione dei due locali alla presenza della F. R. e nello sgabuzzino n. 7 rinvenivano uno zaino contenente diverse sostanze stupefacenti suddivise in dosi - come meglio indicate e descritte nell'imputazione -mentre nello stanzino n. 13 rinvenivano un bilancino elettronico di precisione marca "Tangent", il materiale per il taglio e confezionamento, un contenitore in vetro contenente alcuni grammi di stupefacente di tipo marjiuana. Il tutto veniva prontamente sequestrato ed anche la Fiore tratta in arresto. ( v. verbale di arresto, verbale di perquisizione e sequestro in atti ). L'imputata in sede di convalida ha negato le proprie responsabilità, affermando di non essere a conoscenza del fatto che il G. avesse la disponibilità degli altri due sgabuzzini dove era stata rinvenuta la sostanza e l'altro materiare per il confezionamento delle dosi. L'imputata ha dichiarato che le tracce di sostanza rinvenute nel bagno della sua abitazione erano state lasciate dal marito che si era disfatto della sostanza di cui faceva uso da sempre, fumando 20-30 canne di marijuana al giorno e che lei non fa uso invece di sostanze stupefacenti. La donna ha dichiarato di svolgere attività lavorativa di domestica, così percependo 500-660 euro al mese, e di ricevere comunque aiuti economici dalla suocera. L'imputata ha dichiarato che il marito lavorava in campagna, di avere tre figli di cui una bambina con problemi di salute e per la quale percepiva una piccola pensione di € 280,00 al mese e di ricevere anche sussidi economici dal Comune di residenza. La donna ha ribadito di non essere a conoscenza del fatto che il marito detenesse quella sostanza e di avere avuto continui litigi con lui per il fatto che questi facesse uso di sostanza stupefacente. ( v pagg. 3-12 verb. sten, udienza 8.11.2014). Ebbene gli elementi portati al sapere processuale inducono il Giudicante e ritenere non adeguatamente provata la corresponsabilità dell'imputata in ordine alla detenzione a fini dispaccio della sostanza rinvenuta dai CC. La versione di estraneità ai fatti resa dall'imputata appare credibile. Sussiste, infatti, il ragionevole dubbio che la donna non fosse a conoscenza che il G. detenesse negli sgabuzzini n. 7 e n. 13 sostanza stupefacente suddivisa in dosi e materiale per il confezionamento, adeguatamente occultata, peraltro, la sostanza in uno zaino. Giova rilevare, per completezza, che la regola di giudizio dell'"oltre il ragionevole dubbio" nel porsi a fondamento della sentenza assolutoria in caso di insufficienza, contraddittorietà o incertezza della prova di accusa (art. 530 co. 2. 3. c.p.p.) svolge un ruolo cruciale per l'identificazione dell'effettivo standard di prova necessaria e sufficiente per vincere la presunzione di innocenza e giustificare la pronuncia di condanna dell'imputato. E tuttavia, affinché non si risolva in una formula astratta, tale regola di giudizio deve trovare un'autonoma legittimazione mediante un forte ancoraggio alle garanzie fondamentali riconosciute nel processo penale dalla Costituzione all'imputato, e che vanno dall'affermazione del carattere personale della responsabilità penale, della presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva dell'onere esclusivo della prova a carico della pubblica accusa (art. 27 Cost), al diritto alla prova come espressione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., al giusto processo ed all'obbligo di motivazione delle decisioni giurisdizionali (art. Ili Cost.), potendosi affermare che lo stesso diritto delle parti alla prova va oltre il momento della formazione della prova (nella fase della ammissione, assunzione e della utilizzazione della prova) estendendo il suo ambito anche al diritto stesso ad una valutazione legale e completa della prova e ad una giustificazione razionale della decisione. Nel solco di queste considerazioni, ritiene il Giudicante che il materiale probatorio utilizzabile per l'affermazione della penale responsabilità della prevenuta è rappresentato esclusivamente dal rapporto di coniugio della F. con il G. (nella cui disponibilità erano gli sgabuzzini n. 7 e n.13 del piano interrato dello stabile condominiale) e dalla preoccupazione manifestata anche dalla donna al momento della perquisizione nella abitazione. Ebbene, a parte il rilievo che un tale atteggiamento possa essere giustificato in capo a chiunque si imbatta in una attività di polizia giudiziaria, deve osservarsi, altresì, che sintomatico della verosimile riferibilità esclusiva della condotta di detenzione dello stupefacente a fini di spaccio al G. è la circostanza (accertata in atti) che solo lui avesse la disponibilità delle chiavi di apertura dei due sgabuzzini nn. 7 e 13 e che per questo si era dato a precipitosa fuga, prima che gli operanti iniziassero l'attività di perquisizione dei due locali. Alla luce di queste considerazioni non può ritenersi provato, oltre ogni ragionevole dubbio, il concorso della F. R. nella condotta criminosa di cui all'imputazione, sotto il profilo di contributo che possa manifestarsi anche in forme che agevolino la detenzione, l'occultamento e il controllo della droga, assicurando all'altro concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi possa contare. Deve piuttosto ritenersi che, nel caso di specie, ricorra l'ipotesi della connivenza non punibile, ravvisandosi nella condotta della imputata un contegno meramente passivo e privo di ogni apporto causale rispetto alla detenzione illecita accertata. Si richiama sul punto il consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione secondo cui "In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato va individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, nel concorso di persona punibile nel fatto della detenzione illecita di sostanza stupefacente da parte di altri è richiesto, invece, un contributo partecipativo - morale o materiale - alla condotta criminosa altrui, caratterizzato, sotto il profilo psicologico, dalla coscienza e volontà di arrecare un contributo concorsuale alla realizzazione dell'evento illecito. Tale contributo può essere di qualsiasi genere ed è certamente ravvisabile nella condotta di chi, lungi dall’aver mantenuto un atteggiamento meramente passivo, nel consentire al detentore di custodire la droga nella sua abitazione abbia fornito a questi uno stimolo all'azione o comunque un maggior senso di sicurezza nella propria condotta (nella specie, correttamente, secondo la Corte, era stato ravvisato il concorso punibile giacché era stato accertato, in sede di merito, che l'imputata aveva realizzato una vera e propria "custodia" in nome e per conto del detentore della droga, finalizzata a garantire, anche per la singolarità del luogo di detenzione, dal rischio della scoperta)." Ne deriva l'assoluzione dell'imputata ai sensi dell'art. 530 co. 2 c.p.p. dall'imputazione ascrittale con la formula di cui al dispositivo. Alla pronuncia assolutoria segue la cessazione della misura custodiale applicata alla imputata, con ordinanza a seguito della convalida dell'arresto, ai sensi degli artt. 300 e 532 c.p.p. Deve ordinarsi la confisca e distruzione della sostanza stupefacente obbligatoria ex lege e di quanto altro in sequestro quale corpo di reato. Il numero dei processi da trattare non consente l'immediata redazione della motivazione della sentenza in Camera di consiglio. Appare opportuno fissare in gg. 90 il termine di deposito della motivazione P.Q.M. Il Giudice del Tribunale di Bari, Seconda Sezione penale, visto l'art. 530 co. 2 c.p.p. assolve F. R. dal reato a lei ascritto per non aver commesso il fatto. Revoca la misura degli arresti domiciliari applicata a F. R. con ordinanza dell’'08.11.2014 e, per l'effetto, ordina l'immediata liberazione di F. R. se non detenuta per altra causa. Ordina la confisca e distruzione di quanto in sequestro. Motivazione riservata in gg. 90.

Rassegna Giurisprudenziale

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